Gianluca Giannini
A partire dalla superficie del foglio, il disegno prende vita, si “anima”, così da intuire ad esempio
- Il “movimento” – è il caso del disegno applicato alla vita psichica contenuto Minuta M -. Il disegno come un sismografo si fa strumento per registrare dalla superficie psichica movimenti sismici, terremoti, scosse che parlano di movimenti in profondità. Come una scrittura musicale che registra il tempo e i suoi mutamenti, ripetizioni e al tempo stesso variazioni, ricordi ricombinati in memorie, scritture e riscritture, distruzioni e ricostruzioni.
- Il movimento come fuga si coglienel disegno mappa dell’Uomo dei Topi come a rappresentare la geografia che rispecchia la costituzione psichica con i suoi intrecci e le sue sopravvivenze, il rimosso e il suo rovescio.
- L’impatto sonororisuona nello schema che illustra le tanto comuni momentanee dimenticanze di un nome proprio. L’oblio, la caduta della memoria vede affacciarsi alla propria coscienza altri nomi sbagliati: il nome o i nomi sostitutivi trovanonel frammento sonoro ma anche grafico (Signorelli – Botticelli e Boltraffio) – cioè nel ripetersi di sillabe/unità fonetiche acusticamente uguali e successioni di lettere uguali – la ragione del nesso con pensieri rimossi (nell’esemplificazione citata, morte e sessualità). Così nello schema, i nomi sono trattati in maniera analoga agli ideogrammi di una frase da trasformarsi in rebus, in un gioco enigmistico. [1]
- All’inverso il silenzio, l’afonia regna nel disegno “dell’albero dei lupi”: assenza di parola che genera l’urlo e con esso il risveglio liberatorio dal sogno. Si era svegliato e aveva visto qualcosa, qualcosa di terribile; sogno d’angoscia risultato dell’esplorazione sessuale e le sue fantasie. Privo della parola come un bracciante della tenuta di famiglia muto e di cui si diceva che gli era stata tagliata la lingua. E ancora con riferimento all’Albero dei lupi si coglie…
- Il disegno come sguardo che non distingue tra il vedente e il visto, colui che vede da ciò che è visto. Il disegno con attenzione fissa il sognatore: la finestra si apre, si aprono gli occhi sull’altra scena. Egli si era svegliato e aveva visto qualcosa: io dormo, a un tratto mi sveglio e vedo qualcosa: l’albero coi lupi … è viva l’impressioni visiva
- Il gesto si staglia nel disegno del piccolo HANS, basta un tratto e il disegno si singola-rizza e con lui Hans. La giraffa equivalente il corpo di Hans con un tratto di quella mano, il suo gesto sulla superficie del foglio, afferra qualcosa fuori della portata delle parole dicibili, il sessuale, il rapporto tra mente e corpo
L’indifferenziato, il funzionamento psichico e il suo linguaggio asemantico va al di là dei contenuti, il fonico o la sua assenza, il gestuale si avvicinano alla sua essenza originaria.
Nel testo G. Solla continua a creare associando. Continua a “giocare” con il di-segno così come nella clinica Winnicott gioca con il bambino 2 – proponendo lo scarabocchio (Squiggle) da cui sviluppare un disegno. L’ A. gioca a partire dal segno tracciato nella superficie del foglio associando liberamente sino a “allucinare” la fantasia soggiacente.Una nuova co-costruzione che definisce la realtà psichica nella sua continua riproposizione della dialettica tra ciò che conosco e ciò che continuamente invento. Penso di nuovo al disegno/sogno dell’uomo dei lupi – che porta alla scena primaria e all’angoscia di castrazione – e che con i suoi tratti non smette di simboleggiare l’esplorazione sessuale infantile concentrata su due problematiche: da dove vengono i bambini e se sia possibile una perdita del genitale. Una investigazione nella quale non la paura del padre è cosciente, ma quella del lupo. Di associazione in associazione (con riferimento alla storia del sarto che ha amputato della coda un lupo e al richiamo del complesso di evirazione) dalla superficie del foglio – l’autore – rileva un segno/tratto grafico ripetitivo che ripropone la sua forma la V che si staglia per farsi figura della forbice: nel disegno, i lupi, rovescio del cane familiare, sono ritratti con il muso e le orecchie appuntite, i rami del noce si fanno biforcuti. L’orrore dell’evirazione, il suo respingimento e l’identificazione del padre con l’eviratore trova fissitàin questo tratto ripetitivo.
La V (che non viene rilevata da Freud) allucina la fantasia soggiacente e si fa tratto che disegna il tratto dellaclinica, la singolarità del paziente.
A proposito di fobici, nel caso dell’uomo dei lupi, peraltro, il tempo messo fuori gioco dal paziente, trova un taglio nella decisione assunta da Freud che opera un taglio del tempo stabilendo la data della conclusione del trattamento.
Lo slittamento sulla clinica richiama alla mia mente il lavoro di M. Milner – vicina al pensiero di Winnicott – che ci conduce all’idea che “Il pensiero è visivo […] le immagini si fanno pensiero a placare il tormento di quegli intralci che sembrano precluderlo …” modi di pensiero pre-logici e non-discorsivi di cui siamo di solito inconsapevoli. Nella clinica i disegni sono come il linguaggio privato della paziente linguaggi che si deve imparare a leggere (e a parlare) se si vuole avere cura (resoconto clinico di Susan)
Il di-segno ha una forma che contiene il suo rovescio, l’informe e le sue traversie. Come nel sogno l’arcaico e il fantasma (come organizzazione psichica inconscia) fa la sua comparsa, emergono come strutture sottostanti al contenuto manifesto. Raffigurazioni che attengono al primitivo, a forme di simbolizzazione “fuori dal tempo” lineare.
Il disegno come il sogno muove alla polisemia, deformazione – spostamento – condensazione laddove qualcosa si inventa e si scopre allo stesso tempo. Rimemora la “speculazione immaginativa” propria della costruzione del pensiero psicoanalitico.
Ruotano i capitoli i quali articolano, ognuno a suo modo, la domanda che non cessa di farsi attorno al tratto grafico del disegno:
“Da dove viene la linea del disegno? […] da dove viene la linea di Freud, la linea psicoanalitica del disegno?”. “Potremmo dire – risponde l’A. – la linea viene dal taglio. Viene dal fatto che la psicoanalisi si inventa a partire da un taglio che è ferita, défaillance, perdita, trauma. Proviene, cioè, da un posto lasciato vuoto, da una assenza, di cui la psicoanalisi vuole essere la scienza”.
Difatti, a partire dal taglio ombelicale si declina la singolarità di un corpo. Il taglio rimanda al lato enigmatico dell’enigmatico, all’origine dell’inizio misterioso e invisibile.
Il testo, frutto dell’incontro con il testo freudiano, non è mera ripetizione dello stesso ma trova una sua singolare misura, si muove in libertà, non si accontenta del sapere noto, approfondisce e si mette in gioco sino a trovare la sua propria parola, il suo proprio disegno.