Brevi considerazioni sulle quattro comunicazioni dell’Eterno Ritorno in Nietzsche

Massimiliano Polselli

Le comunicazioni dell’Eterno Ritorno dell’Eguale sono ben quattro: la prima appare ne La Gaia Scienza (1882), la seconda nel Così parlò Zarathustra (1884), la terza in Aldilà del bene e del male (1886), ed infine in Ecce Homo (1888). Dall’altro lato il non dare più spazio allo storicismo, poiché esso produce solo frammenti di realtà e di soggettività, segna un’altra critica radicale di Nietzsche. Tuttavia la principale denuncia che il filosofo di Rõcken esplicita risiede nell’ atteggiamento che porta un esito di una fantasmatica interiorizzazione e formalizzazione della stessa soggettività, conducendola all’azzeramento degli istinti e dei valori del corpo dionisiaci. Tutto ciò trasformò gli uomini in mere astrazioni, poiché l’esito della cultura storicista giunge ad un esito fideistico. La fede ha svalutato il mondo a favore dell’attesa di un aldilà. Così la realtà diventa un NULLA. Ma solo se si prende atto di questa manifestazione del mondo come abisso del Nulla, l’uomo raggiunge tale consapevolezza attraverso il dramma musicale greco, di cui l’opera wagneriana è il suo alter-ego moderno; il NULLA non va rimosso ma fronteggiato e poi superato con la creazione. Visione questa che ruota tutta nel momento della creazione e non sulla fruizione. La tragedia realizza la liberazione dal dominio della Volontà, che Schopenhauer aveva esposto nel “ Mondo come volontà e rappresentazione”[1], e che i Greci superano con l’ inveramento nella “forma”. Ma con il sopraggiungere di Socrate ed Euripide il senso ultimo della natura viene tolto con il Logos che si sovrappone al Sensibile, al vivente, come enorme maschera e che infine la cultura storica incarna. Socrate è colui che verrà definito da Nietzsche come il “mistagogo” della scienza. L’universalità del sapere conduce così la scienza lontano dalla vita. Con Socrate nasce la storia delle idee universali, dimenticando l’uomo, la natura, la vita.

Con “Umano troppo umano”[2] siamo dinanzi alla svolta di Nietzsche: egli abbandona la forma che non è in grado di redimere la realtà e così supera anche Schopenhauer e rompe anche con Wagner. Nel I° cap. di “Umano troppo Umano” (prima edizione 1876) critica l’universo della fede, dell’arte, della morale ed ogni credenza consolidata e dismette il concetto di “Schwärmerei” come “fantasticheria o utopia” che era presente, in quanto esaltazione spirituale, tra le pagine della Nascita della tragedia e nel periodo schopenhaueriano[3] e wagneriano. Così nella II° edizione di Umano troppo umano del 1886, l’arte, la religione, la metafisica divengono per Nietzsche “cose del passato”. In tal senso l’arte è considerata come un’evocatrice di morte poiché resuscita condizioni spirituali che non esistono più. Arte, Religione e Metafisica mostrano in superficie solo un’interiorità esuberante senza radici nel mondo oggettivo, poiché diventano solo produzioni spirituali nelle quali si rivela il bisogno umano di trascendenza. Da qui l’attacco al Cristianesimo[4], al platonismo e al socratismo: il Cristianesimo esalta il trascendente rispetto al mondo. Tale esaltazione era già presente in Platone con la distinzione tra Mondo sensibile e Mondo ideale[5], con la conseguente svalutazione del sensibile e a tutto vantaggio del trionfo della cultura sovrasensibile, cui attingerà anche lo storicismo.

Nella Gaia Scienza[6]si giunge così all’aforisma 125 che riporta icasticamente la seguente comunicazione: Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso[7]. Dio muore al culmine della metafisica occidentale che ha cercato la verità sotto il velo dell’apparenza. Ma l’uomo ancora non ne ha contezza. Inoltre il gesto criminogeno, deicida, non deriva da una presa di posizione ateistica[8], ma è un evento che si è preparato lungo tutta la storia dell’occidente. Ma insieme a Dio in Nietzsche viene a cadere anche una certa idea dell’uomo[9].

Nel Così parlò Zarathustra[10] il pensiero di Nietzsche assume una postura sperimentale. La morte di Dio comporta anche la morte dell’uomo. Così la dipartita di Dio esige la formazione di una nuova umanità in grado di tollerare lo sgretolamento di ogni orizzonte che fa seguito al venir meno dell’Ente supremo. Non più una filosofia che possa riconciliarsi con la Natura[11] ma una filosofia proiettata verso un’ultra umanità capace di dire “Si” alla vita! Con atteggiamento pienamente affermativo. Da ciò emerge un uomo come un “cavo teso tra la bestia e il superuomo: un cavo al di sopra dell’abisso! Aldilà dell’affascinante linguaggio profetico e metaforico, senza alcun intento ontologico e assiologico, Nietzsche passa in rassegna lo spirito venerante, il leone, il bambino, verso l’ultimo uomo: egli è colui che ha saputo della morte di Dio, eternizzando un presente senza aspettative e non crea. In seguito Nietzsche giunge all’uomo bestia che è il risultato più risentito e uccide Dio, ma pur sempre collocato in mezzo al gregge. L’uomo che viene dopo la morte di Dio non intende più un tempo lineare, come nella tradizione cristiano-neoplatonica ed escatologica, ed inoltre modifica e trasvaluta tutti valori rinunciando all’aldilà, eliminando lo stesso spazio trascendente. Nell’opera “Il Crepuscolo degli Idoli”[12] Nietzsche compie il passaggio per la nascita del mondo vero.[13]

Tornando all’opera della Gaia Scienza[14] all’aforisma 341, appare evidente di come Nietzsche parli di un “mondo insensato”, dopo l’avvenuta morte di Dio. Da ciò egli inserisce la dinamica dialettica dei campi di forza in cui si esercita la volontà di potenza.

L’analisi dell’Eterno ritorno dell’Eguale implicherà, per alcuni, uno spostamento dell’asse “storia” e “creazione”, che non saranno più in conflitto, come avveniva nelle Considerazioni inattuali (II considerazione inattuale) o “sull’utilità e il danno della storia per la vita”, rovesciando del tutto la prospettiva dello stesso “nichilismo attivo” di Nietzsche. Di modo che “senso ed “evento” coincidono: ossia Nietzsche rinuncia alla negazione totale di un senso, introducendo quest’ultimo non più come distante e altrove dalla realtà, ma presente esso stesso nella realtà storica.

Il mondo e un nuovo senso (non più tuttavia divino), vengono così in Al di là del bene e del male[15] a congiungersi: la Storia si profila come un divenire senza escaton poiché già tutto ha un senso ed il passato stesso è liberato da ogni estraneità.

Il Nietzsche maturo giunge così, con il prevalere dell’Historia sulle Res gestae, non più alla mortificazione della potenza creatrice dell’uomo, ma la storia si mostra come divinizzazione o forma dell’esistenza. Come se si profilasse una seconda creazione, dopo la morte di Dio, senza scopo e origine.

Ma questo passaggio ad un “senso di Nichilismo significante”, è appunto introdotto dalle comunicazioni dell’Eterno Ritorno dell’Eguale.

In tutti i luoghi – Gaia Scienza (1882), Così parlò Zarathustra (1884), Aldilà del bene e del male (1886), Ecce Homo (1888) –, aldilà della differente narrazione, Nietzsche, affinché togliesse del tutto dall’orizzonte degli eventi, la malcelata e cadaverica – dopo la sentenza “Dio è morto” – ombra divina, collega alla dottrina della Volontà di Potenza la stessa comunicazione dell’Eterno Ritorno in comparazione al problema del tempo, nella dimensione del Passato. Ebbene Nietzsche notò che l’unico ed ultimo “posto” dove ancora l’idea di Dio potesse essere ancora attiva era appunto il non-luogo del Passato. Poiché il Passato designa fatti ed eventi accaduti in un tempo trascorso che non c’è più e questo tuttavia significava anche inquadrare quei fatti, passati e accaduti, come immutabili nel tempo. E’ ovvio che nessuna cosa o fatto accaduto può essere “ripreso” per poi modificarlo[16]. Ossia il passato designa e sentenzia che i fatti passati sono fissati per sempre e resi immutabili nel tempo. Ma l’exit strategy di Nietzsche fu da lui stesso così annunciata: quella stessa Volontà di potenza che ha già accompagnato e dissolto l’Ente supremo, cioè Dio, sta sullo sfondo di ciò che è stato: poiché ciò che è stato, è stato sempre voluto o creato da una Volontà o Forza (umana o naturale) e quindi l’eterno ritorno dell’eguale è ciò che è continuamente voluto all’infinito. In tal modo la volontà di potenza, pur se declinata al passato, vorrà sempre e ancora una volta per sempre lo stesso gesto o fatto (naturale o umano; volontà inconscia o conscia) accaduto e quindi caduto nel passato. In tal modo il Passato non sarà più quella dimensione abissale dove riposa l’Essere permanente con sé (incarnato dal fatto o dal gesto in quanto accaduto e immodificabile), ma è semmai il territorio del continuo scorrere della Volontà che da sempre ed eternamente ha voluto quel gesto o quel fatto: un fiume in piena continuamente mobile e in atto: un precipitare continuo o dileguare della Permanenza in un eterno ritorno della Inconsistenza.

Alcune fuorvianti interpretazioni derivanti da opere, saggi e persino romanzi, daranno vita in seguito ad un’esegetica falsificatrice in senso autoritario della visione di Nietzsche. Al netto delle manipolazioni vere e proprie operate sugli scritti postumi di Nietzsche (in particolare riferibili ai Frammenti Postumi[17]), si noti come, iniziando da alcuni racconti ispirati ai personaggi e agli animali di Nietzsche, da Zarathustra, all’aquila, fino al concetto di Volontà intesa come un insieme di Spirito ed Anima vitalistica, si è assistito ad una vera e propria mitologia nietzscheana[18].

 


[1] A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Laterza Ed. 1984

[2] F. Nietzsche, Umano troppo umano, Adelphi Ed. 1982

[3] Si ricorda che l’arte per Schopenhauer sospende la Volontà come principio del Tutto, poiché la coscienza si libera mediante la stessa opera d’arte della volontà. Anche se solo la Musica, come forma d’arte suprema, rispetto alla stessa Tragedia greca, secondo Schopenhauer, libera realmente dalla Volontà poiché non è subordinata a quest’ultima.

[4] F. Nietzsche scrive che senza San Paolo il Cristianesimo sarebbe rimasta una setta orientale, poiché egli con la sua predicazione fornisce il nuovo credo di un impianto teologico-messianico.

[5] Platone, La Repubblica, Laterza ed., intr. M. Vegetti, 2018

[6] F. Nietzsche, La Gaia scienza, Rusconi ed.,2010

[7] Si veda il saggio di M. Polselli, Teoria del corpo e morte di Dio., Stamen ed. 2014, Roma

[8] Ossia Nietzsche vuole far intendere che l’affermazione Dio è morto non è una semplice ed immediata esclamazione emotiva che rapsodicamente un ateo qualsiasi, quasi come per una bestemmia, intende urlare. Tutt’ altro: la morte di Dio è l’esito ed il risultato di duemila anni di transito e cammino metafisico che non poteva non approdare a tale “scomparsa” di Dio stesso. La precisazione viene anche a rinfrancare la comune interpretazione che ex ante ne avrebbe dato lo stesso Hegel, allorquando appare nella stessa Fenomenologia dello Spirito, (Nuova Italia ed.1993 – La Religione II vol. cap.VII., par. C. La religione disvelata; capov 81 pag.255), la stessa frase: Dio è morto: laddove Hegel intende con ciò riassumere il percorso tanatologico di Dio mediante l’impossibilità da parte della Coscienza Infelice di addivenire alla possibilità di autocomprendersi come assoluta ed intrasmutabile. La morte di Dio in Hegel svela piuttosto la morte dell’autocoscienza umana che ancora non ha raggiunto le vette dello Speculativo e dell’Universale, e che quindi il Dio morto sottende l’impossibilità di un Soggetto Assoluto. Per altre considerazioni sul concetto della morte di Dio in Hegel si rimanda al paragrafo ad esso riferito.

[9] Nel V libro della Gaia Scienzala morte di Dio è posta in secondo piano poiché in primo piano Nietzsche colloca prospettive del tutto inedite giacché si schiudono orizzonti inusitati, poiché si distendono allo sguardo dello spirito libero sconfinati approdi.

[10] F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi ed., tr.it. M.Montinari,1976

[11] In tal senso si richiama il pensiero di J. J. Rousseau con l’esaltazione della natura attraverso un senso romantico di essa, intesa come forza pacificatrice dello spirito e come inesauribile fonte di ispirazione.

[12] F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, Adelphi ed., tr.it. F. Masini, 1983

[13] Ivi

[14] F. Nietzsche, Gaia Scienza, Rusconi ed., 2010

[15] F. Nietzsche, Al di là del bene e del male, Adelphi ed.,tr.it. F. Masini; 1977

[16] Probabilmente Nietzsche lesse e studiò alcuni principii teologici rigurdanti la problematica all’interno dell’onniscienza divina se e come Dio possa o non possa modificare i fatti accaduti nel passato.

[17] Il tema dell’interpretazione nazista della filosofia di Nietzsche sorge allorquando vi fu la pubblicazione postuma nel 1906 della Volontà di potenza avvenuta sotto la supervisione della sorella di Nietzsche, Elisabeth, che raccolse ed ordinò l’imponente mole di appunti scritti dal fratello, operando una serie di tagli ricuciture e manipolazioni al fine di dare non solo alla Volontà di potenza, ma a tutto il pensiero di Nietzsche una connotazione razzista e nazionalista. Solo con l’opera critica e le sue edizioni successive, portate avanti da Giorgio Colli e Mazzino Montinari negli anni settanta fu avviata una ripubblicazione filologicamente rigorosa di tutte le opere di Nietzsche, mettendo in discussione molte interpretazioni che partivano dalla lettura “falsata” della Volontà di Potenza del 1906. Quest’ultime sostenevano la vicinanza di Nietzsche alle correnti reazionarie di destra sfociate successivamente nella tragica esperienza del nazismo.

[18] A tale riguardo si vedano i seguenti romanzi : quello di Hermann Conrad dal titolo “Adam Mensch” che allude ad un senso antisemita dell’opera di Nietzsche; Conradi nel romanzo “Purpurea Tenebra” viene celebrato, presso un popolo immaginario, i Teuta, il martire-patrono Zarathustra, il cui nome come per Jahwè, può essere pronunciato solo una volta all’anno; Adolf Wildebrandt che ebbe molto successo con il romanzo “ L’isola di Psqua”, dove comparte un certo Adler- aquila in tedesco-animale del “Così parlò Zarathustra” che alleva un Superuomo, dando inizio ad una visione “estetista” ed esaltatrice del Superuomo; Bertram che inaugura il mitologismo di Nietzsche; Klages che afferma che Nietzsche va oltre il soggetto, superando la contrapposizione di soggetto-oggetto. Mentre giudica la Volontà come Spirito che ingloba l’anima vivente fino a fondersi in un unico Erlebnis.

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